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Allattamento e famiglie queer

Nicole (su Instagram Milk and Roll) promuove l'allattamento consapevole e percorsi di allattamento per famiglie queer.

Si tratta di argomenti ancora oggetto di tabù, soprattutto in Italia.

Attualmente, più che mai, in Italia, le famiglie queer sono private di molti dei diritti fondamentali, ciò colpisce non solo i genitori, ma anche ə bambinə. Abbiamo parlato di questo e altro con Nicole Cardillo.



Foto di Nicole (autoritratto)

Parlaci un po’ di te:

Mi chiamo Nicole, sono una consulente professionale in allattamento, Ibclc. Sono genitore e ho unə figliə.


Di cosa ti occupi e come hai deciso di fare questo lavoro?

Mi occupo di promuovere e tutelare l'allattamento. Accompagno tutte quelle persone che hanno bisogno di un supporto durante il loro percorso. Faccio informazione durante la gravidanza e pongo particolare attenzione al ruolo che la comunicazione e il linguaggio hanno, nel momento in cui mi rapporto con le persone con cui lavoro. Ho scoperto dell'esistenza di questa figura quando miə figliə aveva circa 1 anno; ho vissuto un inizio percorso di allattamento piuttosto in salita, farcito di commenti non richiesti e informazioni derivanti non da basi scientifiche, quanto da credenze popolari o frutto del caro vecchio 'si è sempre fatto così '. Lo spaesamento e il senso di inadeguatezza credo siano state le due molle principali, che mi hanno spintə verso il non volere che altre persone si potessero sentire come mi ero sentitə io.


Quali sono le credenze popolari, i falsi miti più diffusi con cui ti sei confrontatə riguardo l’allattamento? E riguardo la genitorialità?

La lista potrebbe essere potenzialmente infinita, però provo a fare luce sui principali: la possibilità da parte di chi allatta di curarsi e assumere medicinali. Il divieto di fare esami diagnostici o di andare dal/la dentista. In realtà, le controindicazioni sono davvero limitate, contrariamente a quanto si pensi. Per questo,il suggerimento è sempre quello di rivolgersi a chi si occupa di allattamento per lavoro. Esiste un numero verde da poter contattare del CAV (Centro Anti Veleni) di Bergamo, dove il personale è preparato e risponde a domande in merito ai principi attivi dei farmaci prescritti a chi sta allattando. Altro grosso blocco riguarda la possibilità di poter mangiare o meno determinati alimenti. Quindi, ci troviamo spesso davanti persone che hanno escluso dalla loro alimentazione una quantità infinita di aliment,i in nome di non si sa bene quale teoria del passato.

Sulla genitorialità la questione si fa più complessa perchè, purtroppo, è un ambito in cui chiunque si sente di dire la propria, sia questa persona genitore o meno. Siamo in una società totalmente inadatta ad accogliere le famiglie, incapace di rispettare i tempi di adattamento fisiologico alla comparsa di un nuovo essere umano all’interno di quello che è stata una coppia fino a pochi mesi prima. Il commento arriva da chi è stato genitore prima di noi, sulla base della sua personale esperienza che viene assunta a verità assoluta. Oppure da parte di chi non ha lontanamente idea di diventare genitore, ma si sente in diritto di dare la propria opinione. E’ difficile, il senso di inadeguatezza è costante e manca il villaggio, la rete, ciò che è umanamente indispensabile a crescere dei nuovi esseri umani.


Trovi che l’allattamento costituisca un argomento tabù, nella nostra società, in generale?

Sì, credo sia un argomento tabù e molto spesso quando se ne parla, lo si fa agli estremi: idealizzandolo o demonizzandolo. O è il requisito fondamentale per definire una maternità/genitorialità perfetta oppure è il giogo che ti tiene legatə al concetto patriarcale di madre. Basterebbe parlarne, fare della giusta informazione su solide basi scientifiche e lasciare agire la scelta autonoma e consapevole di una persona.

Quanto influisce la pressione sociale, sull’allattamento? A chi, per qualche motivo non ha la possibilità di allattare cosa ti senti di dire?

L’allattamento vive due dinamiche diametralmente opposte: viene interpretato come unica realizzazione di ciò che è maternità/genitorialità oppure come il male assoluto che assoggetta chi allatta al potere soverchiante del patriarcato che vuole la donna, e coloro socialmente identificate come tali, legata ad una gamba del tavolo della cucina. Ecco, io mi sento di dire che ci sono milioni di sfumature nel mezzo,e che condannare chi propende per una scelta o per l’altra fa solo il gioco di chi costantemente rema contro l’autodeterminazione di ciò che è il corpo femminile, o percepito come tale. Chi non ha la possibilità di allattare, può trovare sicuramente una propria dinamica per creare un legame unico con la creatura appena nata. Ci sono tecniche e dispositivi di supporto che, a seconda delle necessità della singola persona, possono venire in aiuto.


Quanto è importante per lo sviluppo de* bambin*, l’allattamento? Quali sono le difficoltà che le persone che allattano incontrano più spesso e quali consigli ti senti di dare, a riguardo?

L’allattamento apporta numerosi benefici sia da un punto di vista strettamente fisico che di legame con il genitore. Dal punto di vista nutrizionale il latte viene prodotto in maniera specifica per quel/la lattante, è un concentrato di anticorpi, aiuta quindi il sistema immunitario immaturo del/la neonato/a. La modalità di suzione permette uno sviluppo ottimale dei muscoli orofacciali e va a diminuire l’incidenza di malattie, come, ad esempio le otiti e le infezioni alle vie respiratorie superiori. Dal punto di vista relazionale, va a soddisfare quel bisogno di contatto e prossimità fondamentale per l’adattamento alla vita extra uterina da parte del/la neonato/a. Le difficoltà più spesso riscontrate sono, da un punto di vista tecnico pratico, la gestione dell’arrivo della montata che può dare luogo ad infiammazioni se non supportata adeguatamente, l’attacco al seno/petto di chi decide di allattare, riconoscere i segnali di fame del/la neonato/a e il suo conseguente benessere, leggasi crescita.

Il consiglio che mi sento di dare è di rivolgersi a professioniste e professionisti specializzate/i nel settore, una persona con cui instaurare un rapporto di fiducia già dalla gravidanza. Informarsi, essere consapevoli è lo strumento migliore per far fronte ad eventuali difficoltà.


E quando si parla di allattamento per le famiglie queer, invece?

Quando si parla di famiglie queer credo che l’intesa con la/il professionista debba essere massima, questo perché deve essere una persona aggiornata e informata sul tipo di percorso che tutte le persone queer devono intraprendere per poter creare una famiglia. Questa persona,oltre che offrire supporto professionale per quanto riguarda l’allattamento, deve proporsi come un filtro in quei contesti, siano essi sanitari, sociali, familiari, potenzialmente dannosi per la coppia in questione.


Ci sono modi per condividere l’esperienza dell’allattamento anche con l’altr* partner? Quanto lo ritieni importante?

Sì, è possibile condividere l’esperienza dell’allattamento con la/il propria/o partner, sia attraverso la valutazione del percorso di induzione della lattazione, sia tramite l’utilizzo di dispositivi di supporto che permettono di somministrare latte estratto, o eventualmente formula. Ovviamente, sono decisioni strettamente personali, e che vanno valutate attentamente all’interno della dinamica della coppia. Ciò che è possibile fare è appunto informare la coppia sulle diverse possibilità esistenti.


In Italia cosa significa essere una famiglia queer? Quanta differenza c’è rispetto ai servizi a cui si può accedere?

In Italia, essere famiglia queer significa dover lottare per diritti che, alle altre famiglie, vengono riconosciuti automaticamente. In questo momento, le procure di tutta Italia stanno impugnando e annullando riconoscimenti trascritti presso i comuni, di famiglie omogenitoriali. Alle famiglie queer vengono richiesti documenti riguardanti la modalità di concepimento, vengono fatti trascrivere atti di genitorialità congiunta, per dimostrare che sì, davvero vogliamo creare una famiglia, che sì davvero è una nostra scelta, che sì, ci impegneremo. Le famiglie queer sono costrette ad un coming out continuo, ad una invisibilizzazione costante, a subire micro aggressioni quotidiane. E’ difficile essere una famiglia queer,in un paese come il nostro. Sui servizi la discriminante riguarda anche il tipo di riconoscimento dell’altro genitore. Perchè, altrimenti, si compare come unico genitore.


Nel tuo lavoro e nella tua vita quotidiana, quanto pensi sia importante formare e informare, addettə ai lavori e non, all’utilizzo di un linguaggio che rispetti tutte le soggettività?


Credo sia fondamentale. Ho riscontrato, in seguito a numerosi racconti e testimonianze delle persone che ho accompagnato fino ad adesso, di quanto spesso le parole utilizzate siano state delle vere discriminanti. Persone che hanno ricevuto un trattamento verbalmente violento hanno poi rinunciato a chiedere aiuto o l’hanno chiesto quando magari la situazione era già molto compromessa. Spesso la scarsa empatia o la mancanza dei giusti strumenti linguistici impatta in maniera significativa sulla salute mentale delle persone coinvolte, Questo, come giustamente hai detto, riguarda non solo chi lavora a contatto con le persone e famiglie, ma amiche/amici e parenti.


*IBCLC è un acronimo (International Board Certified Lactation Consultant) tradotto in italiano con la dicitura Consulente Professionale in Allattamento Materno, che definisce un professionista specializzatonella gestione clinica dell’allattamento al seno e della lattazione umana. (fonte: https://aicpam.org/ibclc-per-le-mamme/)


Intervista di Clotilde Petrosino

Foto di Nicole Cardillo

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