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Burlesque e comunità LGBTQIA+


Donna che regge un ventaglio con tessuto mentre si esibisce ad uno spettacolo
Ella Bottomrouge by ©Clotilde Petrosino all rights reserved

Parlaci un po' di te...

Sono Daniela, in arte Ella Bottom Rouge, attrice, performer, art director e insegnante di burlesque, una donna CIS lesbica, faccio orgogliosamente parte della comunità LGBTQIA+.


Com'è nata Ella Bottom Rouge? Come è nato il tuo personaggio e come si è evoluto con te?

Ella è la versione di Daniela potenziata, una Daniela ++, nel senso che negli anni è riuscita a fare delle cose che Daniela non riuscirebbe a fare, e viceversa. Ella ha protetto Daniela : è stata da una parte un rifugio, dall'altra parte una valvola di sfogo creativa, incredibile. Tanta soddisfazione, pianti e lotte. Per questo Ella e Daniela sono l'una parte dell'altra, Ella è una persona reale, tangibile, a sé stante, con i piedi molto per terra.

Daniela viene dal mondo del teatro, delle arti performative e del teatro danza, a cui si è avvicinata quando era adolescente e non l’ha più lasciato, se non per qualche periodo della vita, durante il quale se ne è allontanata, cambiando rotta. Tutto, però, l’ha sempre portata verso l’arte e l’espressione artistica, e quando se ne allontanava, soffriva.

Ella è arrivata, in un momento preciso, quando Daniela era più grande e quindi aveva già acquisito quella consapevolezza necessaria, considerando che il burlesque non è solo un’espressione del corpo dal punto di vista fisico, ma anche erotico. E quest’arte della sensualità la puoi comprendere e sviluppare solo con una certa maturità che ti permette anche di valorizzare davvero chi sei. Proprio per questo, Ella è entrata in gioco nel momento in cui Daniela era più adulta e aveva capito tante cose della vita, ed era quindi in grado di trasformarle in consapevolezza artistica.

Daniela ed Ella non sono più distinte da parecchio tempo ormai, tant’è che in pochi, mi chiamano Daniela: le persone che mi conoscono da sempre e la mia famiglia, in quelle tipiche occasioni in cui, sai, combini qualcosa o fai un danno.

Ella è molto forte e volitiva, e riesce a raggiungere tutti i suoi obiettivi; Daniela è un pochino più morbida, su certi aspetti. Entrambe, però, sono sincere, e questa sincerità viene portata anche in scena.


Com'è nata la tua passione per il Burlesque?

Ho visto uno spettacolo di burlesque a Londra e mi sono innamorata del tassel twirling, l'arte di far girare i copricapezzoli, quei "cosini" che noi mettiamo proprio a copertura del seno. In quello spettacolo c’era una battaglia di tassel twirling, per cui due performer si sfidavano, e anche se una era più veloce dell’altra, erano in perfetta sincronia: tutte e due a destra, poi a sinistra. Le due artiste erano londinesi, diversissime da noi italiane come fisicità. Ho subito pensato: “Cos’è questa figata?”, e tornata in Italia mi sono iscritta a un corso. Avendo studiato teatro, conoscevo bene le dinamiche del palcoscenico, così, di lì a poco, ho iniziato a fare le prime esibizioni, prima nel circuito scolastico e parascolastico, per poi diventare sempre più indipendente, fino ad arrivare ad avere uno show tutto mio. Ella è diventata non solo performer, ma anche insegnante, si è occupata della produzione e dell’art direction, riuscendo, così, ad esprimere quella parte di organizzazione e creazione che non sempre è possibile far trasparire sul palco.



Il burlesque nasce in Inghilterra nel XVIII secolo, come uno spettacolo satirico che prendeva di mira i generi teatrali esistenti e, in alcune circostanze, anche tematiche sociali e politiche. Quest'ultimo aspetto è presente anche nel tuo modo di fare burlesque? Cosa porti di politico sul palco, quando ti esibisci?

Porto in scena la mia parte più autoironica . Non sono uno di quei volti classici e sono abbastanza particolare: scura di pelle per essere mediterranea, con un naso pronunciato e con gli occhi grandi, a palla. Nel teatro, quindi, avendo queste caratteristiche, o sei portata per la tragedia, o per la commedia, e questa mia parte performativa si vede anche sul palco. Nei miei numeri di burlesque c’è comunque l’aspetto sensuale, ma anche quello autoironico, molto canzonatorio, che io utilizzo anche facendo da presentatrice. Bisogna considerare anche che, in Italia, abbiamo un occhio per l’estetica diverso da quello che hanno all’estero. Là, sicuramente, sono portati ad una versione più politica, nel senso di fazione contro lo stereotipo.


Molto spesso, si pensa che il mondo dello spettacolo e, più in generale, dell'arte, sia molto aperto e d'avanguardia, rispetto alla società in cui viviamo, agli stereotipi, ai pregiudizi. Come definiresti il mondo del burlesque che hai conosciuto, in relazione a ciò?

Il mondo del burlesque è una nicchia dentro la nicchia del mondo dell'arte, dentro una nicchia dentro un'altra nicchia. All'estero, chi fa burlesque viene considerato a tutti gli effetti una o un sex worker, perché noi lavoriamo con il corpo nudo. Ci sono alcuni di noi che fanno parte di OnlyFans (piattaforma e app online in cui le persone possono pagare per visualizzare foto, video e live streaming tramite un abbonamento mensile, ndr) o vendono delle fotografie di nudo. In Italia questa cosa è più o meno sdoganata. L’importante è fare burlesque nella maniera che e’ più giusta per me , ben sapendo che devo sempre spiegare agli altri qual è il mio lavoro, e che lo fa anche unə qualsiasi altrə attore/attrice, ballerinə, performer, perché in Italia l’arte non viene mai riconosciuta per quello che è. Quando dici che fai questo mestiere, ti dicono: “Bello, ma il tuo vero lavoro?”.

Performer con corsetto che urla su un palco
Ella Bottomrouge by ©Clotilde Petrosino all rights reserved

Da quando è nato il burlesque, dall'Inghilterra, alla Francia, agli Stati Uniti, all'Italia, ha subìto grandi cambiamenti, si è trasformato e si trasforma. È satira, è sensualità, è varietà, è un genere versatile. Come sfrutti queste caratteristiche quando metti in scena le tue performance?


Nel 2017 ho debuttato con un numero che è tuttora uno dei miei numeri di punta, ma in Italia lo propongo poco, perché è molto forte e riguarda la sensualità e l’erotismo espressi anche al di là del genere, quindi non riesco a portarlo ovunque. È sempre importante conoscere il pubblico che ti sta guardando: tu come artista devi sapere cosa funziona e come rapportarti con chi hai davanti. Per questo ho dei numeri più classici. Se mi va bene o meno? Faccio sempre questo esempio per far capire meglio: hai presente l’ortofrutta? Bene. A volte le capita la cliente affezionata, quella di cui conosce i gusti e le recapita direttamente la frutta a casa perché sa cosa le piace. Ma può succedere anche che si presenti una cliente un po’ più pignola.. Bisogna sempre anche considerare i contesti: esibirti durante un evento privato non è mai la stessa cosa che farlo durante una serata queer, tanto per farti un esempio.

Purtroppo facendo burlesque, capita anche di ricevere messaggi sbagliati, ma dopo anni nel settore impari subito a riconoscere quando qualcuno ti scrive perché interessato ad ingaggiarti per uno spettacolo, e quando invece prova a chiederti informazioni per altro. Quando ho iniziato io, non era così semplice distinguere i due casi. Cerco sempre di dare due dritte a chi studia con me e si affaccia a questo mondo. Anche perché certe situazioni si possono verificare anche con ə fotografə, ad esempio. Quindi è importante sapere come muoversi.

Una delle difficoltà che ci si può ritrovare ad affrontare, quando si fa coming out è relativa al mondo del lavoro. Soprattutto quando si lavora con la propria immagine, cosa consiglieresti a chi si può trovare in una situazione analoga? Considerando che, fare coming out, è comunque una scelta personale. Cosa diresti alla Ella che non lo aveva ancora fatto, adesso?

Nel momento in cui si decide di fare coming out, è importante la sicurezza, perché c’è un mondo dentro alla persona, oltre a quello fuori. Devi quindi farlo prima di tutto per te, anche se lo fai nel contesto familiare. Un consiglio che darei a* giovanissim*, è di fregarsene, perché tanto ci saranno sempre persone che avranno da ridire. Non c’è niente di male nel dire chi sei e nel far sapere cosa abbiamo dentro, anche perché non sarà mai nessuno, e sottolineo nessuno, a definirti. E ti dirò di più: a me non frega un c**** di essere accettata, non voglio che la gente mi accetti, voglio essere esattamente come tutte le altre persone. Per quanto riguarda il mio coming out pubblico, all’inizio mi sono chiesta se farlo o meno. Le mie colleghe, i miei allievi e le mie allieve sapevano da tempo che ero lesbica e sapevano della mia relazione, ma temevo che facendolo pubblicamente avrei potuto perdere parte del pubblico, e che gli allievi avrebbero smesso di venire a lezione. In realtà non è successo, ma c’è stata una ghettizzazione proprio all'interno del mondo del burlesque: mi hanno accusato di strumentalizzare non soltanto la mia vita, ma anche le “preferenze sessuali”. Detto proprio così, tra virgolette, in modo ignorante e stupido. Il burlesque è un'arte che celebra le diversità, i corpi e la narrazione, quindi è paradossale oltre che stupido sentire discorsi del genere. Ovviamente ci rimani male, ti senti ghettizzata. Me ne sono fatta una ragione e vado avanti a testa alta, ma pensiamo a una ragazza lesbica minorenne: come può vivere una situazione del genere?

Quando ti esibisci, il corpo è uno dei protagonisti, sul palco. Che ruolo può avere, il burlesque nella definizione del rapporto con il corpo e con se stessə in generale?

Alla fine di ogni corso chiedo sempre aə miei allievə un feedback per sapere come si sono sentitə e se erano a loro agio. È molto importante, mi piace e reputo necessario confrontarmi con loro, perché io come insegnante imparo moltissimo daə allievə. Una di loro, ad esempio, ha iniziato un percorso di transizione medicalizzata, lo scorso ottobre, e per me è emozionante assistere alla sua rinascita. Il burlesque ti aiuta a lavorare su te stessə, e pensa che effetto può avere su una persona che si è sempre reputata “diversa” o “sbagliata”: ti permette di trovare il tuo spazio, e allora sai che c’è? Prenditi tutto lo spazio possibile!

Mettersi a nudo di fronte ad una platea, affascinarla, sedurla, significa ricoprire un ruolo di grande potere. Cosa ne pensi?

Spesso mi sento dire dalla gente: “Cavolo, sei un'artista, sei coraggiosa”, oppure “Sei coraggiosa a fare questo lavoro che non è sicuro”, o ancora “Ma non ti vergogni?”. Ho provato a fare qualcosa di diverso, ci riesco anche, perché ho molta volontà e sono anche una molto molto forte e combattiva, ma non mi rendeva felice. Non si tratta di coraggio, è più una questione di volontà, e voler fare questo lavoro significa capire che il tuo corpo, anche se non conforme, anche se ha subìto delle operazioni o porta i segni o le conseguenze di qualche malattia, è un corpo importante. Un corpo che ha potere. Un corpo che è il tuo corpo.

Anche se non corrispondi perfettamente allo stereotipo classico, hai comunque un corpo, il tuo corpo, e non devi aver paura di mostrarlo. Devi, quindi, metterti in testa che proprio con quel corpo sei tranquillamente in grado di fare bene un numero di burlesque, per comunicare un messaggio importante: questa forma d’arte non è solo elegante e legata alla sensualità, ma può portare a una vera e propria rivoluzione.

Il burlesque è per tuttə, credo di avertelo sentito dire sin dalle prime volte che ti ho sentita parlare del tuo lavoro, parlacene di più.

I miei corsi di burlesque sono inclusivi, sono aperti a tuttə: ho come allievə persone trans, persone non binarie, donne di 50 anni, mamme con il taglio cesareo, donne che non possono avere figli, cancer survivors.

Ho visto quello che succedeva all’estero, dove esistono scuole simili alla mia, mi sono semplicemente guardata intorno e ho visto il pubblico cambiare, l’attenzione cambiare. Il mondo cambia, così come cambia anche la concezione di inclusione. Ricordo uno spettacolo bellissimo, coppie queer che facevano coppia anche sul palco, ed è stato illuminante. È tutta una questione di cultura, se ci pensi: anni fa non avremmo mai pensato di utilizzare l’* per rivolgerci a tutte le soggettività. La cosa bella della cultura è che cresce con noi.


Quanto il burlesque può essere utile per parlare di consenso e anche per insegnare a chi assiste ad uno spettacolo cosa significa? Nel 2022 quanto è necessario ancora parlarne?

Guarda, è fondamentale. Il consenso ci deve sempre essere, e aiuta, sia dal punto di vista personale che professionale.


Per raggiungere questo livello di consapevolezza dei tuoi tempi e dei tuoi spazi, è necessario che sia chiaro al pubblico qual è il giusto comportamento da rispettare. O ad esempio, quando mi approccio a un cliente nuovo, metto sempre in chiaro che è necessario che il posto abbia un camerino dove io o ə artistə possiamo cambiarci. Insomma, cerco sempre di tutelarmi.

Prima ancora di mettere dei confini, devi saperti accettare per quella che sei, e accettare anche che il tuo corpo, con il tempo, cambia. Bisogna avere consapevolezza. Se una cosa non va più bene e non corrisponde a quello che voglio, perché Daniela non può più, Ella non la ripropone più. Io per esempio adesso sto vivendo un periodo di rinascita dopo che è passato un anno molto molto pesante a livello personale. Sto riprendendo nuovamente davvero confidenza con il mio corpo: abbracciandolo e modificandolo in tutti i cambiamenti.

Il burlesque può diventare un modo per fare attivismo? Cosa ne pensi? Per te lo è?

Assolutamente sì. Negli anni Ella ha acquisito una voce, la stessa che Daniela 20 anni fa esprimeva quando partecipava alle manifestazioni per i migranti o durante il G8 di Genova.

Più volte mi sono sentita dire: “Non c’era bisogno di dire questo o di sottolineare quell’altro”. Invece c’è bisogno, perché intanto fa parte della tua personalità, e poi perché nel momento in cui ti esponi come artista puoi aiutare tantissime persone. Al di là del coming out, ci sono molte cose che un’artista può fare. Io, ad esempio, ho molta sensibilità riguardo alla prevenzione del cancro al seno. La mia famiglia purtroppo è stata colpita dal cancro, e per anni ho raccolto fondi da donare alla LILT.

Parlando invece del Pride, è necessario che i volti principali siano proprio persone che fanno parte della community. Sarebbe bello avere una donna lesbica, un uomo trans… tutte le lettere della sigla, e sicuramente persone che nel concreto fanno qualcosa tutto l’anno.

Secondo te, il mondo del burlesque in Italia quanto e come deve e può cambiare? Posto che, come ogni forma d'arte è specchio della società in cui viviamo.

In Italia a volte sembra si guardi solo il lato estetico della persona che è sul palco. Io adoro il burlesque classico, è stupendo, ma preferisco un format che abbia anche un contenuto, che possa raccontare una bellissima storia d’amore e di celebrazione con il proprio corpo. E tieni conto che dietro a quei 5 minuti in cui sul palco cerchiamo di emozionare, c’è un lavoro di mesi e mesi di prove e di studio.


Progetto e fotografie di Clotilde Petrosino

Intervista e traduzione di Krizia Ribotta Giraudo




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