ACCEPT è la prima organizzazione non governativa rumena che sostiene i diritti della comunità LGBTQIA+ nel paese.
Per saperne di più, abbiamo intervistato Alex Zorilă, che all’interno dell’associazione si occupa del coordinamento volontariə.
© Immagine gentilmente concessa da Accept Romania
Alex, raccontaci di ACCEPT: quando è stata fondata e quali sono i suoi obiettivi principali?
ACCEPT è stata fondata nel 1994 come gruppo informale dal nome Bucharest Acceptance Group, in quanto, all’epoca, in Romania, era ancora in vigore l’Articolo 200, una sezione del codice penale che criminalizzava le relazioni omosessuali. Introdotto nel 1968, sotto il regime comunista, è rimasto in vigore fino a quando non è stato abrogato dal governo Năstase il 22 giugno 2001, questo articolo ha contribuito alla violazione dei diritti umani, permettendo anche gli abusi e le violenze, da parte della polizia, nei confronti della comunità LGBTQIA+.
L’obiettivo principale del Bucharest Acceptance Group era di fare pressioni, nonché una vera e propria campagna contro questa legge. Il primo presidente dell'associazione, è stato Adrian Coman, un insegnante gay di matematica che, volendo fare qualcosa di concreto per la sua comunità di Bucarest, è stato in grado di trovare altre persone attente ai diritti umani prontə a fare la differenza per il Paese. Il gruppo era costituito da persone eterosessuali e da persone gay, dispostə a rompere il silenzio e a sostenere i loro diritti. Di certo non è stato facile, vivendo in una società omofoba. Adrian Coman e Florin Buhuceanu sono stati i primi due omosessuali ad apparire in programmi televisivi parlando dei loro diritti senza essere arrestati. Essendo l’omosessualità, all’epoca, vietata dall’Articolo 200, il fatto che non sono stati arrestati ha fatto un’enorme differenza.
Nel 1996 ACCEPT è diventata una NGO, ma, sempre per via della legge, non poteva essere identificata come una no-profit per i diritti LGBTQIA+, quindi è stata categorizzata come associazione per i diritti umani, e lo è tuttora. Anche se nel corso degli anni gli obiettivi di ACCEPT sono leggermente cambiati, la sua mission è sempre stata quella di sensibilizzare le persone per far capire che chi appartiene alla comunità LGBTQIA+ è prima di tutto un essere umano, e che, in quanto tale, merita gli stessi diritti di tuttə. Se all’inizio l’associazione era più focalizzata sull’abolizione dell’Articolo 200, successivamente, si è concentrata sul pride. Il primo Pride, in Romania, si è tenuto nel 2005 a Bucarest.
Raccontaci dei progetti più importanti a cui hai lavorato.
Al momento ci stiamo concentrando sulle unioni civili, cosa assai complicata, considerato che viviamo in un Paese in cui il Governo è abbastanza contro la comunità LGBTQIA+. Cercare di cambiare qualche legge, quindi, richiede sicuramente tempo. Stiamo anche lavorando contro la censura nei confronti della comunità transgender. L’ideologia di genere, per la Destra, è una strategia di mobilitazione radicata nella religione, che ha spinto Paesi come Polonia e Ungheria a mettere a tacere le comunità LGBTQIA+ attraverso la censura, e varando delle leggi contro le persone che ne fanno parte.
Andando più indietro nel tempo, nel 2018 abbiamo seguito un progetto legato alle persone trans*, che ci ha permesso di incontrarne il più possibile, visto che non sapevamo bene com’era la situazione nelle varie città della Romania. Non è stato facile, considerato che non tuttə avevano fatto coming out. Abbiamo creato diversi gruppi di supporto, in base alle necessità delle persone, tra cui gruppi per gli adolescenti, in modo da aiutarlə con cibo, vestiario e beni primari, visto che purtroppo non abbiamo fondi per coprire loro i costi per l’acquisto degli ormoni o per gli interventi chirurgici.
Stiamo anche cercando di aiutare le persone trans* a livello burocratico: la rettifica dei documenti non è certo facile, considerando che hanno (ancora) bisogno dei certificati medici che attestino che si sono sottopostə ad operazioni per il cambio di sesso. Purtroppo non esiste nessuna associazione medica che segua tutto l’iter necessario. Ci appoggiamo ad una serie di medici che si trovano nelle grandi città come Bucarest, ma non è comunque facile per chi vive nelle aree più periferiche, contattarlə, prendere un appuntamento e spostarsi. Stiamo cercando di far crescere questa rete di professionistə, ma, anche in questo caso, si tratta di qualcosa che richiede tempo.
A livello legale, invece, qual è il caso più importante a cui avete lavorato?
Non so se hai mai sentito parlare del caso Coman-Hamilton, nel 2015. Il nostro ex presidente, Adrian Coman, nel 2010, si è sposato in Belgio con il compagno Robert Claibourn Hamilton, e voleva ottenere il riconoscimento del matrimonio in Romania. È stato praticamente impossibile: non appena varcata la frontiera rumena, la loro unione civile ha perso ogni valore legale. Pensa che quando Hamilton ha richiesto il rilascio dell'attestazione di soggiorno permanente, la sua richiesta è stata respinta dalle autorità sulla base del fatto che il codice civile vieta i matrimoni egualitari e non riconosce tali unioni anche se avvenute all'estero.
Sostenuti da ACCEPT, i coniugi hanno impugnato la sentenza, sostenendo che si trattava di un caso di discriminazione basata sull'orientamento sessuale, e che la relativa disposizione del codice civile fosse incostituzionale. Nel 2013 hanno presentato una denuncia per discriminazione, in quanto la Romania ha effettivamente negato loro il diritto alla libera circolazione, sancito dall’Unione Europea, che prevede di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Anche il consolato rumeno a Bruxelles ha rifiutato di trascrivere il loro certificato di matrimonio belga nel registro rumeno.
Il caso è stato presentato davanti ai giudici della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che, con una sentenza storica, ha, di fatto, riconosciuto i matrimoni egualitari, stabilendo che la nozione di “coniuge” comprende anche quellə dello stesso genere. Gli Stati membri non possono quindi ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell'Unione Europea rifiutando di concedere al suə coniuge, cittadino di un paese non UE, il diritto di soggiorno sul loro territorio, ma sono liberi di autorizzare o meno il matrimonio omosessuale.
Ad oggi, in Romania, il matrimonio non è ancora stato riconosciuto. A quanto pare, anni e anni di amore e un matrimonio non bastano per far sì che uno Stato riconosca legalmente una relazione.
A proposito del concetto di “famiglia”, raccontaci del referendum del 2018 nel tuo Paese.
A ottobre 2018 i/le romenə sono statə chiamatə al voto in un referendum contro le nozze egualitarie, sostenuto dalla Sinistra. Gli elettori dovevano esprimersi sul cambio della definizione di matrimonio prevista dall’Articolo 48 della Costituzione.
Il referendum era stato proposto a seguito di un'iniziativa de* cittadinə lanciata dalla Coalition for Family a fine del 2015 che ha raccolto oltre tre milioni di firme, molte di più delle 500.000 richieste. La Costituzione rumena definisce la famiglia come fondata sul matrimonio "tra coniugi", ma i promotori dell'iniziativa hanno cercato di modificare il linguaggio neutro con un riferimento esplicito al matrimonio come unione “tra un uomo e una donna”.
Bisogna comunque sottolineare che prima del referendum, comunque, sebbene il termine “coniugi” fosse generico, le coppie non potevano sposarsi. Proprio per questo si ritiene che lo scopo del referendum fosse quello di alimentare l'odio nei confronti della comunità LGBTQIA+: se il provvedimento fosse passato, infatti, avrebbe reso incostituzionale, nel Paese, il matrimonio egualitario. Così facendo, sarebbe stato più difficile per attivistə LGBTQIA+ richiederlo.
Fortunatamente, il referendum non è passato, in quanto l'affluenza alle urne è stata solo del 21,1%, al di sotto della soglia richiesta del 30%. Questo, grazie al boicottaggio organizzato da ACCEPT, insieme ad altre ONG, per i diritti umani, che ha convinto le persone a restare a casa e a non votare.
Da come parli della tua associazione, è chiaro che ti senti parte attiva. Nel concreto, cosa offre allƏ volontariƏ?
Guarda, ti posso raccontare cos’ha offerto a me. Mi reputo una persona lesbica demisessuale non-binary, e sono entratə a far parte dell’associazione quando avevo 17 anni, perché volevo conoscere altre persone e sentirmi parte di una comunità che mi potesse accettare per come sono. Ho iniziato come volontariə, e dopo un anno mi hanno messo a capo del coordinamento de* volontariə. Oggi ACCEPT si avvale di circa 80 volontariə, raggruppatə in 4 diversi dipartimenti, ed è incredibile quanta strada abbiamo fatto, se pensi che 6 anni fa eravamo solo 20.
È grandioso, oltre che gratificante, per me, sentirmi parte di una comunità in cui posso essere me stessə: una persona queer, una persona non-binary. Tuttə * volontariə trovano nella nostra NGO un rifugio, un posto sicuro in cui non devono nascondere né la loro identità, né il loro orientamento. A proposito di questo, ACCEPT è molto sensibile alla comunicazione sui social media: quando scriviamo nomi o aggettivi, non usiamo il maschile o il femminile, ma una “x”, proprio per rispettare e rivolgerci a tutte le soggettività.
Considerati i limiti che la Romania offre alle persone che fanno parte di comunità marginalizzate, dopo il liceo ə giovanə pensano di lasciare il Paese per andare all'estero, dove si possono sentire totalmente accettatə?
La nostra associazione sta lavorando per il nostro Paese, e ci mettiamo tutto il nostro impegno, vista l'idea che hanno ə giovanə della Romania: pensano che non abbia molto da offrire, e che, ad un certo punto, debbano per forza andarsene. Soprattutto coloro che appartengono alla comunità LGBTQIA+ o ad altre minoranze: dal momento che sono costantemente vittime di micro aggressioni, finiscono per credere che, per sentirsi davvero liberə, debbano andare altrove.
In Romania, le persone LGBTQIA+ sono per lo più caute nel manifestare atteggiamenti affettivi in pubblico. Alcune persone lesbiche, ad esempio, sanno quando non è appropriato o sicuro camminare mano nella mano con le loro compagne, quindi lo evitano.
In Romania, tutte le persone della comunità LGBTQIA+ vengono consideratə allo stesso modo?
C’è un motivo particolare per cui ti ho fatto l’esempio di due persone lesbiche: fino al 2000, la comunità LGBTQIA+ nel nostro Paese, significava esclusivamente essere gay. Tutte le persone lesbiche, bisessuali e trans* non erano minimamente consideratə, erano praticamente invisibili. Oggi, per fortuna, la situazione è diversa, ma ti posso confermare che le perosne trans* restano quellə più a rischio.
Perché?
(TRIGGER ALERT! QUESTA PARTE CONTIENE DESCRIZIONE DI UN EPISODIO DI VIOLENZA)
Se sei una persona transgender e non hai problemi, in Romania, significa che sei privilegiatə. A dicembre del 2020, si è verificato un episodio molto violento: una persona trans si trovava su un bus, ed era al telefono. Qualcunə ha immediatamente chiamato la polizia, e gli agenti, appena arrivati, hanno iniziato a picchiarla, le hanno tolto la parrucca e l’hanno portata in centrale. La nostra associazione è dovuta intervenire: la donna era piena di lividi e ha sporto denuncia.
Quanto ancora dovremmo aspettare per poter essere finalmente noi stessə, senza dover avere ogni volta paura che ci possa succedere qualcosa?
Per approfondire: Articolo 200 e diritti LGBTQ+ in Romania
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